C’è spesso la tendenza a pensare che le intolleranze e le allergie alimentari siano la stessa cosa.

    Esse invece differiscono per molti aspetti, a cominciare dai fattori che le scatenano. Entrambe comunque ricadono sotto la categoria delle cosiddette “reazioni avverse al cibo”.

    Le allergie alimentari sono caratterizzate dall’intervento del nostro sistema immunitario e possono essere suddivise in allergie IgE-mediate e allergie non IgE-mediate. Nelle prime, l’organismo reagisce in modo violento ed immediato all’ingestione del cibo che funge da allergene. La componente dell’alimento che viene riconosciuta dal corpo come possibile minaccia è in genere una proteina, contro la quale si attivano i meccanismi immunitari di autodifesa (immunoglobuline E più comunemente note con il nome di anticorpi). I sintomi sono abbastanza violenti e si manifestano a pochi minuti dall’ingestione dell’alimento: vomito, diarrea, eruzioni cutanee, nausea, gonfiori localizzati (ad esempio della lingua).

    Nelle allergie non IgE-mediate invece possono trascorrere anche diversi giorni prima che i sintomi siano manifesti.

    Le allergie sono poco diffuse, basti pensare che solo l’1% della popolazione adulta risulti allergica a qualche alimento. I cibi che più frequentemente causano allergie alimentari sono essenzialmente otto: latte, uova, noci, arachidi, soia, grano, frutta, pesce e frutti di mare.

    Questi alimenti, messi insieme, sono responsabili di quasi il 90% delle allergie. Le proteine del latte possono generare allergia nel 4% circa dei neonati, questa incidenza tende a diminuire con l’età. La durata di quest’allergia è comunque in genere breve. Anche formaggi e yogurt risultano allergenici, poiché in essi le proteine del latte rimangono inalterate. Particolare attenzione va posta verso le allergie a noci, mandorle, arachidi e nocciole poiché il rischio di incorrere in uno shock anafilattico è piuttosto elevato.

    Si parla d’intolleranze alimentari, quando nella reazione che si scatena, non è coinvolto il sistema immunitario. Queste sono certamente più diffuse, si stima che addirittura circa la metà della popolazione sia intollerante a qualche alimento. Anche in questo caso i cibi maggiormente incriminati sono gli stessi già citati per le allergie alimentari. Tra questi però, quelli che hanno una probabilità più alta di causare i classici sintomi da intolleranza (gonfiore addominale, diarrea, mal di testa, orticaria vomito e palpitazioni cardiache), sono gli alimenti contenenti alcuni tipi di zuccheri:

    latte e latticini (lattosio); frutta, verdure ed ortaggi (fruttosio e sorbitolo); legumi (melitosio e stachiosio); prodotti “light” (xilitolo, mannitolo, sorbitolo); funghi (trealosio).

    Vi sono poi degli alimenti che sono naturalmente ricchi di istamina (insaccati, alcuni tipi di pesce e carne, formaggi stagionati, tonno in scatola, crostacei, pomodori, spinaci, funghi, birra e vino) o che stimolano la liberazione di istamina all’interno del corpo (albume d’uovo, carne di maiale, cioccolata, fragole, molluschi ananas, frutta secca) e che quindi in alcuni soggetti sensibili possono favorire lo scatenarsi di reazioni avverse.

    Per finire è importante fare un accenno anche agli additivi alimentari, largamente usati nella produzione industriale dei cibi e che in alcuni casi possono essere responsabili della manifestazione di sintomi tipici delle intolleranze alimentari. In questa circostanza però, il colpevole non è l’alimento in quanto tale, ma le molecole chimiche che vengono aggiunte durante le fasi di lavorazione industriale. I più comuni additivi capaci di provocare asma, prurito, cefalea, flatulenza e diarrea sono: solfiti (vino, birra, succhi di frutta), sorbati e benzoati (varie bevande, formaggi, marmellate, pesce in scatola, prodotti da forno preconfezionati), nitrato e nitrito di sodio (carni in scatola, dadi per il brodo), glutammato di sodio (carni in scatola), aspartame e sorbitolo (caramelle, gomme da masticare, dolci, gelati, creme, budini, formaggi molli).